La forzata conversione di 600 mila insegnanti dalla didattica in presenza a quella a distanza (da ora DaD) nasconde alcuni equivoci, illusioni e ipocrisie che forse è bene cominciare ad isolare La scuola italiana, dalle elementari alla secondaria superiore, è oggi nelle condizione dell'aneddoto "fra piuttosto che niente è meglio piuttosto". Ma incominciamo dagli equivoci! La didattica a distanza è solo parzialmente sovrapponibile alla didattica digitale. In questo momento pc, tablet e quant'altro sono essenziali per mantenere un contatto altrimenti impossibile in tempi di distanziamento sociale: il problema è che se cambi gli strumenti devi giocoforza cambiare le pratiche. Altrimenti è come tradurre letteramente le opere di Skespeare o come spiegare una barzelletta: si può fare; ma se ne perderà completamente il senso e la bellezza. Facciamo qualche esempio reale: accade che l'uso massiccio delle tecnologie di video conferenza nasconda in realtà la ri
L'ultima grande mobilitazione della scuola è quella relativa ai device digitali da fornire agli alunni in difficoltà. Una grande operazione finanziaria e logistica visto che le scuole sono chiuse e non è così agevole contattare famiglie e adetti per svolgere anche le più semplici operazioni. Persino il mercato digitale segue con affanno questa operazione e per farsene velocemente un'idea è sufficiente seguire la parabola crescente dei prezzi in un periodo tutt'altro che favorevole al commercio. L'obiettivo nobile di questo notevole sforzo è di proteggere, da dettato costituzionale, il diritto allo studio . Ma si sa, la strada per l'inferno è lastricata di buone intezioni. Intenzioni tuttaltro che disprezzabili, anzi lodevoli, ma che si scontrano con una realtà capace di vanificarne gli obiettivi e rendere tutto una gigantesca ipocrisia. Se partiamo dal fatto che nessuna formazione a distanza è possibile senza un minimo di competenze digitali applicat